Cosa imparano gli allievi che decidono di frequentare un corso per diventare insegnanti di yoga? Tante, tantissime cose, tanta teoria, tanta pratica, e tra queste c’è anche una parte dedicata alla costruzione di una sequenza.
Eh già, perché le posizioni che vengono proposte dai maestri non sono messe a caso, sono un vero e proprio percorso. Ogni āsana deve stare al suo posto, c’è un inizio e una fine: è un cammino, e questo vale anche per l’Ashtanga Yoga e il metodo Sivananda con la sua Serie Rishikesh, due stili che hanno delle sequenze ben precise che sono sempre uguali, con piccole variazioni.
Ecco qualche suggerimento per costruire una sequenza se volete praticare a casa da soli:
Solitamente è sempre bene iniziare da Shavasana. Ci vuole tempo per sconnettersi dal mondo, se poi si è appena usciti dal lavoro, è bene prendersi qualche minuto per rilassarsi e portare l’attenzione al nostro corpo, al nostro respiro.
Si può proseguire sdraiati a terra con posizioni molto semplici. Si possono piegare le gambe mantenendo le piante dei piedi a terra, per poi salire con la testa e le spalle e portare le braccia avanti e le mani tra le cosce, compiendo una profonda espirazione, ripetendo per quattro, cinque volte. Poi, per esempio, sarebbe bene sedersi a gambe incrociate e inserire un pranayama o un kriya come Kapalabhati, per ripulire i nostri polmoni, purificarci, ampliare la capacità respiratoria e prepararci alla pratica.
Dopo questa fase si possono inserire degli allungamenti molto semplici ai lati, magari restando ancora a gambe incrociate, oppure alzandosi in piedi, partendo da Tadasana.
Poi si possono eseguire posizioni per migliorare la resistenza muscolare e l’equilibrio, come Garudasana, Vrikshasana, Virabhadrasana, Trikonasana o simili, per poi proseguire a terra, partendo da Virasana, e praticare Pashimottanasana, Ushtrasana o altro, posizioni avanzate che si possono considerare il vertice della sequenza.
Una cosa fondamentale è ricordarsi sempre delle controposizioni. Per esempio, se pratico Padahastasana, quando torno nella posizione eretta in Tadasana, sarà bene eseguire una breve estensione indietro, per compensare la precedente chiusura, o viceversa.
Dopo aver eseguito āsana intense e che hanno richiesto un forte allungamento, come Pashimottanasana, è consigliabile praticare una torsione, che potrebbe essere Ardha Matsyendrasana. Se poi lavoriamo sull’allungamento degli ischiocrurali, è bene ricordarsi di lavorare anche sull’allungamento dei quadricipiti.
Si tratta di un vero e proprio lavoro di riequilibrio del nostro corpo, oltre che mentale.
Al termine della pratica si possono eseguire delle posizioni di ritorno e di rilassamento, come Ananda Balasana, da tenere a lungo, per poi concludere sempre come si era iniziato, in Shavasana; chi preferisce ed è già più esperto, può sedersi a gambe incrociate, per prepararsi alla meditazione finale.
Una pratica deve sempre durare all’incirca un’ora, un’ora e mezza ma non dimentichiamoci che possiamo praticare anche soltanto per dieci minuti se non abbiamo tempo, l’importante è seguire questo principio di costruzione di una sequenza e mantenere ogni posizione per almeno un minuto, cioè per una decina di respiri (questo per quanto riguarda stili di yoga non dinamici).
Se pratichiamo di giorno, possiamo introdurre il Saluto al Sole, posizioni più avanzate e di estensione come Ushtrasana, se invece pratichiamo la sera dopo il tramonto, è bene eseguire posizioni più rilassanti e di chiusura, come Pashimottanasana o Padahastasana, per rallentare il battito cardiaco e agevolare il riposo notturno.
Tutte le posizioni che pratichiamo hanno uno scopo ben preciso, che è quello di imparare a stare comodi e seduti a lungo a gambe incrociate o in Padmasana (la Posizione del Loto) per meditare.
Perché non dimentichiamoci che lo yoga senza la meditazione (e la corretta respirazione oltre che la presenza mentale – ndr) non è altro che pilates.
Buona pratica a tutti!